ANACOLUTHA – GAME OVER
Finisce qui.
Non ci sono giri di parole, non ci sono luci di scena.
Anacolutha chiude. Punto.
E non c’è gloria nei finali, solo vuoto da attraversare.
Abbiamo resistito quando non aveva senso farlo.
Abbiamo continuato a suonare con i nervi a pezzi,
con i corpi spaccati a metà tra lavoro e sopravvivenza.
Abbiamo suonato con la morte addosso. Letteralmente.
E ogni volta ci siamo rialzati, anche se nessuno guardava.
Abbiamo perso tutto e non ce l’abbiamo mai fatto pesare.
Abbiamo portato rispetto a chi se ne fotteva.
Abbiamo dato il cuore a chi ci vedeva come un sottofondo.
Perché lo facevamo per noi.
Perché avevamo bisogno di urlare in faccia al silenzio.
Ma anche l’urlo, se non torna indietro, prima o poi ti sfonda i polmoni.
Ora basta.
Non perché non ci crediamo più.
Non perché ci sentiamo sconfitti.
Semplicemente: non possiamo più farlo così.
Anacolutha è stato il nostro rifugio.
Il nostro incubo e il nostro angolo di paradiso.
Ma non siamo più disposti a morire per tenerlo in piedi.
Non quando il mondo, là fuori, ti chiede tutto e ti restituisce polvere.
Grazie a chi c’era.
A chi ha ascoltato davvero.
A chi ha sudato sotto il palco con noi.
Gli altri… buona fortuna.
Chiudiamo noi. Non ci chiude nessuno.
Ma adesso ci serve vivere,
senza dover sempre dimostrare qualcosa a qualcuno.
Ci siamo stati.
Abbiamo spaccato.
Adesso si cambia pagina.
Fine trasmissione.
Anacolutha, out.